Meta di Sorrento

Itinerario storico

Solare, pittoresca e carica di memorie Meta occhieggia dalle sue terrazze fiorite digradanti sulle marine in uno degli scenari più incantevoli della Penisola Sorrentina. A testimoniare la sua origine antica è la presenza di resti e di tracce, sia pure frammentarie greche e romane. I Greci con l'aggettivo “αλιμρειζ” indicavano uno dei loro cinque punti d'approdo nella Penisola Sorrentina, caratterizzato dallo scorrere rumoroso d'una cascata che sboccava a mare ad Alimuri. La frequentazione dei Greci si legava agli scambi commerciali. Secondo Sergio Attanasio, alcuni tracciati viari sono di origine greca e romana e derivano dagli insediamenti esistenti tra Stabia, Pozzano, Scanzano, Vico, Meta, Piano (VIII-II secolo a.C.). I resti di una necropoli romana presso il santuario della Madonna del Lauro attestano la presenza di un sistema di insediamenti agricoli preromano.

Origine antica

Sembra risalire proprio all'epoca preromana lo sfruttamento intensivo del suolo attraverso la realizzazione di terrazzamenti e l'introduzione delle culture dell'olivo e della vite. Molto antica è pure la zona di Pontevecchio con la sua discesa nel vallone Lavinola che da Trarivi sbocca tra i ruderi del Purgatorio. Il valico di Alberi, tratto montano “mortula” dell'antica strada romana per Stabia appare menzionata solamente in epoca angioina (1342). Il nome stesso di Meta deriva da “miliarium”, pietra installata sulle strade romane ad indicare la distanza in miglia da Roma. Meta, percorsa dai Greci e dai Romani, viene scoperta in epoca successiva dai Goti, Longobardi, Bizantini e Saraceni. Secondo Giacinta Jalongo le prime postazioni militari o torri per l'avvistamento costiero sono del IX secolo; la costruzione del Santuario della Madonna del Lauro; del X secolo; la dinamica di crescita dei casali dell'XI secolo; i cantieri di costruzione navale di Alimuri, del XII secolo e l'erezione del campanile barocco accanto al Santuario, del XVI secolo. A datare il processo evolutivo di Meta è proprio il secolo XVI. I Metesi compiono un grosso balzo in avanti nell'epoca vicereale. I casali, i cui antesignani sono “vici”, i “pagi” i “funda” di romana memoria s'ingrandiscono, tendono a saldarsi lungo le strade, originano un territorio edilizio e viario che contorna le aree agricole.

Seicento e settecento

Guardate i vecchi palazzi dagli ampli cortili a porticati dove si cucivano e si stendevano le vele…

E anche se dal Seicento in poi vi fu un notevole sviluppo edilizio, con la edificazione di chiese e dimore private e nell'Ottocento la coltivazione degli agrumi su terrazzamenti agricoli modificò la conformazione di molte aree, queste trasformazioni si sono sempre inserite nel tessuto preesistente senza distruggerlo, conservando le antiche tecniche costruttive. Per queste ragioni Meta-Centro con la presenza di edilizia monumentale di tipo civile e religioso, i nuclei edilizi di Casa Starita, Pontevecchio, Alberi e gli insediamenti sparsi localizzati nelle aree più interne rappresentano oggi un importante patrimonio storico, artistico e ambientale. A segnare poi il momento culminante dell'ascesa metese è l'epoca eroica della vela, il secolo delle straordinarie imprese delle grandi famiglie metesi.

Marineria metese

Il moto riformatore è il filo rosso che lega la marineria napoletana a quella metese. Con Carlo di Borbone il regno pone al centro dell'attenzione pubblica il commercio che non solo produce ricchezza, ma sviluppa “le arti meccaniche e navali” e dà vigore alle industrie. Secondo alcuni contemporanei quasi tutto il commercio estero del napoletano era in mano di stranieri (Olandesi, Inglesi e Francesi), specialmente quello che usciva dallo stretto di Gibilterra. Perciò si guardava soprattutto all'Inghilterra e all'Olanda che lasciavano a distanza le altre nazioni, perché fedeli al principio secondo il quale “la marina fa la ricchezza del commercio”; sicché dall'unione dei due scaturivano la forza, la ricchezza e la gloria. Giacinto Dragonetti ammoniva: “Ogni nazione che non naviga vedrà i suoi politici e domestici interessi subordinati a quelli del Popolo navigatore”.
Re Carlo, proprio per contrastare la dipendenza del regno dalla piazza di Londra e da altre piazze mercantili, imboccò la strada delle riforme con una serie di importanti iniziative produttive congiunte ad opportuni provvedimenti legislativi:

  1. Agevolazioni per la costruzione di nuove navi.
  2. Ammodernamenti dei porti.
  3. “Reale editto del 18-4-1741” con il quale si regolava la navigazione dei bastimenti mercantili con l'obbligo di portare la bandiera del regno.
  4. “Giunta della navigazione mercantile” (1751) con il compito di esaminare tutti i capitani, padroni e piloti regnicoli (attestato che abilitava a continuare l'esercizio delle rispettive attività). La stessa doveva anche rendersi conto delle effettive condizioni di navigabilità e di armamento di ogni bastimento prima della partenza. Ogni padrone o capitano era obbligato ad attrezzare il proprio bastimento con quattro cannoni di calibro corrispondente alla grandezza del legno; e in caso di assalto da parte di corsari, padroni e marinai che avessero abbandonato il bastimento erano tenuti a presentarsi al tribunale del Consolato del mare e, in mancanza, al Governatore del luogo più vicino e descrivere minutamente il sinistro subito. La Giunta stabiliva il “giusto carico” per evitare il “getto” in caso di tempesta; essendo pratica corrente tra i capitani caricare altre merci “sopra coperta”.
  5. Altre regole furono emanate nel 1751. Con esse s'impose la tenuta di “un giornale di bordo” in cui andava descritto minutamente tutto l'itinerario. Si sancì il divieto assoluto per i marinai di abbandonare la nave; nonché il divieto per capitani e padroni di licenziare i marinai durante il viaggio. Si stabilì inoltre il numero degli uomini dell'equipaggio per ciascun tipo di nave: da 10 a 22 unità u seconda della stazza espressa in tomoli. Si determinarono le tariffe relative al trasporto, a seconda che il carico fosse grano, orzo o olio diretto ai porti infra oppure extra-regno. Sempre nel 1751, Carlo di Borbone stabilì l'armamento marittimo di due sciabecchi a protezione della marina mercantile, insidiata sulle rotte dei traffici sia verso altri paesi mediterranei sia su quelle interne. Alla pirateria comune si accompagnavano casi di rappresaglia o di arresto di potenze straniere come l'arresto della polacca di Francesco Cafiero proveniente da porti inglesi ad opera di due fregate reali francesi o quello della polacca di Gennaro Cacace da parte di uno sciabecco spagnolo.
  6. Furono inaugurati, nel 1784, due istituti: l'uno a Meta e l'altro a Piano, entrambi strutturati in cinque classi. Ad essi si accompagnò una scuola ad Alberi (1790). L'intero corso scolastico aveva la durata di sei anni; semestralmente gli alunni sostenevano un esame generale; si studiavano due lingue: il francese e l'inglese. Terminato il corso, godevano del privilegio di essere imbarcati sui legni da guerra “in qualità di pilotini per tre campagne”. Successivamente erano arruolati nel corpo dei piloti della real marina in pianta fissa. Tra gli esercizi “scolastici e ginnici”, il regolamento prevedeva, tra l'altro, l'arte del nuoto, il maneggio degli strumenti nautici, del sartiame, delle vele, della condotta del timone e della manovra delle vele. Inoltre i giovani dovevano acquistare una cognizione pratica di tutte le parti di un bastimento e delle macchine. Così pure, dovevano conoscere l'uso e il maneggio dell'ascia, della sega, della scure, dello scalpello e di tutti gli altri strumenti necessari alla costruzione del bastimento.

Cantieri navali di Alimuri

Al 31 dicembre 1866, i cantieri di costruzione navale di Alimuri, sorti alla fine del 1200, occupavano un'area di circa 9.000 mq. Essi disponevano di 8 scali di costruzione con un fabbisogno giornaliero di 240 operai. Alle stesse date risultavano costruiti 256 bastimenti a vela per un totale di 64.251 tonnellate. Gli armamenti erano a carattere familiare, dove spesso la figura dell'armatore si identificava con quella del capitano al comando ed i membri della famiglia con quelle anche più umili dell'equipaggio I velieri così costruiti, armati ed equipaggiati partivano all ventura del nolo per i porti del Mediterraneo e del Nord Europa, del Baltico, del Regno Unito e delle Americhe, della Cina dell'Australia. Non va dimenticato l'indotto costituito da una costellazione di botteghe artigiane, specializzate nella realizzazione di utensili per la nave, nonché di contenitori di varie dimensioni per il trasporto marino di prodotti solidi e liquidi (via Cassari) oppure nella tessitura di vele e nell'intreccio di canapa per cordami di bordo (Cardiento).

Abitazioni ed armatori dell'antica marineria metese

A Meta si sente subito la presenza di un ambiente del tutto particolare: placide case d'altri tempi che mostrano di non aver nulla in comune con le moderne ville borghesi. Sono le case dei capitani di lungo corso, degli armatori dell'antica marineria napoletana, costruite quasi tutte a partire dalla seconda metà del Settecento fin verso la fine dell'Ottocento. Spesso la casa si apre con un portoncino adorno di un portale in pietra vesuviana che spicca in grigio-scuro sul bianco intonaco della facciata. Al primo piano, che spesso è anche l'ultimo, si affacciano i balconi dalla soglia sinuosa sostenuta da mensole. Le famiglie più note della marineria metese sono quelle degli Astarita, dei Cafiero, dei Castellano, dei Lauro, dei Maresca, dei D'esposito, dei Longobardo, dei Pollio, dei Romano, dei Russo, degli Starita ed, infine, dei Trapani.

Casina dei Capitani

L'Associazione Marittima Sorrentina (Casina dei Capitani) fondata il 1-11-1890, ebbe riconoscimento legale il 28 agosto 1896 con le seguenti finalità istituzionali:

  1. promuovere il miglioramento morale e materiale dei soci;
  2. soccorrere i soci che per malattia o disgrazia divengono inabili al lavoro;
  3. sussidiare il socio che in caso di naufragio o altro sinistro marittimo, abbia perduto il proprio corredo o abbia subito altro danno;
  4. soccorrere la famiglia del socio defunto.